Risarcimento danni per spam

risarcimento danni per spam

Del risarcimento danni per spam si favoleggia in tanti articoli pubblicati su internet. Si tratta, a ragion veduta, di articoli spesso eccessivamente ottimistici e spesso ormai obsoleti. Quando si tratta infatti di risarcimento danni per spam si dovrà considerare che la materia è in costante evoluzione, al pari delle tecnologie di comunicazione che sono coinvolte nella diffusione del fenomeno. Ciò ha condizionato (e costantemente condiziona) il legislatore, sia nazionale che europeo, e ancor di più la giurisprudenza che ha negli ultimissimi tempi sempre più di frequente riconosciuto numerose ipotesi delittuose e ha in modo rilevante arricchito la disciplina vigente nel suo confrontarsi con i casi concreti oggetto di giudizio.

I danni derivanti dallo spam

Venendo alla radice del problema da cui si dipana la presente breve trattazione e concentrandoci sulla natura del danno derivante dallo spam, c’è da osservare che indubbiamente ricevere una così elevata quantità d messaggi indesiderati reca intralcio all’utile consultazione di quelle mail a cui viceversa saremmo realmente interessati. Questo intralcio si traduce nel tempo che quotidianamente spendiamo per cancellare le mail indesiderate e nel rischio che, oltre a quelle indesiderate, potremmo erroneamente eliminare anche messaggi importanti, attinenti alle nostre relazioni professionali o affettive. Questi disagi sono aggravati dalla circostanza che la corrispondenza elettronica sia sempre più spesso gestita attraverso piattaforme mobile (ovvero smartphone o tablet), tramite le quali sfogliare, aprire, leggere ed infine eliminare decine di messaggi risulta oltre modo snervante.

Identificazione del mittente

Per ottenere il risarcimento danni per spam, il primo ostacolo che si incontra consiste nella identificazione del mittente da cui provengono i messaggi indesiderati. È bene chiarire fin da subito che, nel caso in cui il mittente risulti avere sede in paesi esteri, l’attività di identificazione e le successive eventuali fasi giudiziarie richiederebbero un iter eccessivamente complesso, tale da sconsigliare (purtroppo) il ricorso a qualsiasi tutela. Ci interessa maggiormente, viceversa, il caso in cui il mittente risulti aver sede in Italia, poiché in tale ipotesi sarà assolutamente più semplice invocare l’applicazione del Codice in materia di protezione dei dati personali. Risalire all’identità del mittente è meno complesso di quel che si può pensare: generalmente è sufficiente esaminare il messaggio di spam, poiché in esso probabilmente saranno già declinate tutte le generalità dell’attività commerciale che lo spammer desiderava pubblicizzare. Inutile sottolineare, infatti, che nel novantanove percento dei casi lo spammer non è altri che lo stesso titolare dell’attività commerciale pubblicizzata nel messaggio indesiderato. Qualora servano ulteriori elementi di raffronto, sarà, inoltre, utile consultare i dati del registro, in cui sono pubblicati gli estremi dei titolari di tutti i siti internet. Per consultare i dati dei registri italiani e internazionali è sufficienti utilizzare servizi denominati “who is”. Se il messaggio proviene da una mail del tipo xxx@nomesito.it (o comunque pubblicizza il sito www.nomesito.it) sarà necessario effettuare la ricerca attraverso il who is italiano (perché il dominio ha estensione italiana); se, invece, il messaggio proviene da una mail o pubblicizza un sito con estensione internazione (.com, .net, .org, solo per citare le più diffuse) allora sarà sufficiente consultare un who is internazionale.

Richiesta bonaria del risarcimento danni per spam

Una volta che sarete così risaliti all’identità e all’indirizzo del vostro spammer, prima di intraprendere ogni altra azione, sarà bene inviargli (preferibilmente tramite raccomandata e preferibilmente per il tramite del vostro avvocato di fiducia), una lettera con cui gli intimerete, ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs 30 giugno 2003, n. 196, di comunicarvi:

  • il nome, cognome e indirizzo (o denominazione o ragione sociale e domicilio) del titolare e del responsabile legale del trattamento dei dati personali;
  • gli estremi di una vostra eventuale preventiva dichiarazione con la quale lo avreste autorizzato espressamente al trattamento dei vostri dati personali (nella fattispecie l’indirizzo e-mail), resa con le modalità previste dall’art.13 del D.Lgs. 30/06/2003 n. 196 o dell’art. 10 della Legge 31/12/1996 n. 675 qualora l’eventuale consenso fosse stato dato prima dell’1/1/2004;
  • l’esatta origine dei vostri dati personali in suo possesso;
  • nel caso i dati fossero stati acquisiti da terzi, se questa terza parte è anche in possesso (oltre alle liberatorie precedenti) di una vostra dichiarazione (resa anch’essa con le modalità sopra citate) con la quale avreste autorizzato la diffusione dei dati.

Nella medesima lettera diffiderete, inoltre, lo spammer dal trattare ulteriormente i vostri dati personali e a comunicarli a terzi, revocando ogni eventuale precedente dichiarazione in tal senso, intimando così l’immediata cancellazione di dati, di qualsiasi natura a voi riferibili, secondo quanto previsto dalle lettere b) e c) dell’art. 7 comma 3 del D. Lgs. 30/6/2003 n. 196.

Avrete cura, infine, di informare il mittente dei messaggi indesiderati che, nel caso in cui non ricevereste risposta o la risposta fosse insoddisfacente, agirete in suo danno per il risarcimento dei danni patiti.

Tutela civilistica

Nel caso in cui la raccomandata non sortisse alcun effetto, potrete allora adire il Garante per la privacy affinché emetta una sanzione a carico del trasgressore oppure l’autorità giudiziaria, affinché il trasgressore sia condannato al risarcimento danni per spam in relazione al nocumento che vi ha procurato mediante la sua attività illecita.
Soffermiamoci su questa ultima possibilità, in quanto è quella che maggiormente potrà interessarvi, poiché è giusto che al fastidio ricevuto corrisponda un equo risarcimento.
Il problema che preliminarmente si impone a chi desideri intraprendere un giudizio riguarda l’identificazione del giudice competente. Si applicano al caso di specie i criteri di individuazione dettati dall’art. 152 del Codice in materia di protezione dei dati personali. Ai sensi di tale disposizione, la domanda andrà proposta mediante ricorso (e non citazione!) da presentarsi all’autorità giudiziaria ordinaria (quindi innanzi al Tribunale e non al Giudice di Pace, come invece erroneamente riportato in altri articoli che su internet trattano il medesimo argomento con eccessiva superficialità!). Si dovrà, inoltre, aver presente che il Tribunale competente sarà quello del luogo in cui ha sede il titolare del trattamento dei dati personali. Detto in termini più semplici la causa si terrà presso il Tribunale più vicino non a voi, ma alla vostra controparte (ovvero al mittente dei messaggi indesiderati). Questa è indubbiamente una piccola scomodità, ma non un ostacolo insormontabile, dal momento che in Tribunale si dovrà presentare il vostro avvocato e non voi personalmente. Il vostro avvocato si potrà ovviamente rivolgere ad un collega del posto affinché presenzi in udienza, senza che nessuno giri l’Italia in lungo e in largo.

Oltre agli eventuali danni patrimoniali, avrete diritto di richiedere il risarcimento anche dei semplici danni morali, relativi all’illegittimo trattamento dei vostri dati personali e alla loro diffusione senza il vostro consenso. Anche il vostro indirizzo mail rientra infatti nel novero dei dati personali ed è illecito che terzi ne facciano uso (per inviarvi appunto mail indesiderate), senza il vostro preventivo consenso. La risarcibilità dei danni morali è, infatti, espressamente contemplata dall’articolo 15 del D.Lvo 196 del 2003. In effetti, lo stesso art. 15 del D.Lvo 196 del 2003 trae origine e applica la Direttiva Europea 95/46/CE, che prevedeva appunto che gli stati membri della Comunità Europea legiferassero nel senso di prevedere la risarcibilità del danno a seguito del trattamento illegittimo dei dati personali.

È interessante osservare che questa stessa disposizione fa riferimento, a proposito del trattamento dei dati personali, all’articolo 2050 del Codice Civile, che attiene al danno cagionato ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa. In altri termini, trattare i dati personali di un soggetto richiede cura (come se si trattasse di un esplosivo!) e non sono consentiti e tollerabili atteggiamenti sconsiderati.

Responsabilità penale e amministrativa

Come anticipato, tutto quanto appena riferito riguarda la responsabilità civilistica ed il diritto del danneggiato a veder riconosciuto il risarcimento per i danni patiti. La fattispecie, presenta, tuttavia, profili altrettanto interessanti relativi alla sfera della responsabilità penale e amministrativa. Quanto alla responsabilità penale, basti considerare che l’invio di messaggi di posta elettronica non autorizzati integra gli estremi di condotte delittuose espressamente punite. Allo stesso modo, sotto il profilo amministrativo, il Codice in materia di protezione dei dati personali prevede per la vittima del illegittimo trattamento dei propri dati personali la possibilità di presentare ricorso al garante per la Privacy, affinché emetta sanzioni a carico del trasgressore.

Questi ultimi due aspetti puniscono lo “spammer”, ma, in effetti, alcun concreto beneficio comportano a favore del destinatario dei messaggi indesiderati. Sono, tuttavia, elementi da non trascurare poiché la loro rilevanza è tale da poter rappresentare un elemento di pressione e persuasione utile al raggiungimento di un accordo bonario relativo al risarcimento dei danni. Detto in termini più crudi, l’eventualità di essere sottoposto a procedimenti sanzionatori penali e amministrativi, potrà indurre fin da subito il trasgressore a risarcire i danni derivanti dalla sua condotta, rendendo così superflua ogni ulteriore azione giudiziaria.

Un commento

  • gius

    l’articolo è molto interessante, ma andrebbero approfonditi i paragrafi sui profili penalistici.
    l’anno scorso ho risposto malamente ad uno spammer dopo l’ennesima mail indesiderata e questo mi ha querelato!

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