La casa coniugale e il mantenimento
Con la sentenza n. 28001/2013 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del delicato equilibrio economico che governa il rapporto tra i coniugi a seguito della separazione.
Il caso specifico è di quelli che si verificano abbastanza frequentemente ed è anche per questo di grande interesse. Vediamo i fatti. Con la sentenza di separazione giudiziale il Tribunale aveva disposto che il marito versasse in favore della coniuge un assegno per il mantenimento della figlia e che alle due fosse assegnata la casa coniugale. Contro la sentenza di primo grado il marito presentava appello argomentando che la figlia fosse in realtà economicamente autosufficiente: la sentenza d’appello accoglieva l’istanza del marito e revocava sia l’assegno di mantenimento che l’assegnazione della casa coniugale. Tuttavia, rilevava il giudice del gravame, in compenso occorreva rideterminare l’importo che il marito avrebbe dovuto versare in favore della moglie, al fine di consentire a quest’ultima di procurarsi e condurre in locazione una nuova abitazione. Il marito impugnava, quindi, nuovamente la sentenza innanzi alla Corte di Cassazione che, in occasione della già citata sentenza 28001/2013, è ritornata su due fondamentali principi capovolgendone, tuttavia, la corrente interpretazione. I Giudici di legittimità nel dirimere la questione hanno fatto in primo luogo riferimento all’art. 156 c.c. che, al comma due, prevede testualmente che l’assegno di mantenimento venga determinato “in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato” e che, quindi, l’assegnazione della casa coniugale non sia da intendere come una componente dell’assegno, né possa appunto concorrere nella determinazione dell’importo. Tuttavia, le conclusioni contraddicono questa premessa, poiché la Corte allo stesso tempo dichiara che il venir meno dell’assegnazione della casa coniugale comporta comunque un’alterazione dell’equilibrio economico esistente tra marito e moglie, cosicché la revoca dell’assegnazione dell’immobile potrà legittimamente imporre la necessità di rivalutare la congruità dell’importo del mantenimento.