L’assegnazione della casa coniugale e le spese
Il vivere separati comporta la necessità di dividere i beni che rappresentano il patrimonio della famiglia e quindi, primariamente, della casa presso cui la famiglia ha stabilito la propria dimora.
Anche in questo caso, l’interesse superiore che la legge si premura di tutelare è quello del benessere dei figli, se presenti. La casa viene quindi generalmente assegnata al coniuge presso cui i figli vivranno stabilmente, siano essi minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, indipendentemente da chi dei due coniugi sia l’effettivo proprietario dell’immobile.
Nel caso in cui l’immobile sia stato acquistato con mutuo, le relative rate continueranno a gravare sul proprietario, anche nel caso in cui la casa sia destinata ad abitazione dell’altro coniuge, non proprietario, ma assegnatario dei figli.
Per quanto attiene alle spese di manutenzione si segue la medesima distinzione vigente in materia di locazione, per cui le spese di ordinaria amministrazione gravano su chi vive presso l’appartamento, mentre le spese di straordinaria amministrazione gravano sul coniuge proprietario. Lo stesso criterio si applica per ripartire le spese condominiali, attinenti la gestione ordinaria e quella straordinaria.
Viceversa, se l’immobile è in locazione, il coniuge affidatario della prole e, quindi, assegnatario dell’immobile succederà direttamente nel contratto di locazione assumendo così in prima persona l’obbligo di pagamento dei canoni. Delle spese di locazione si terrà in ogni caso conto nella determinazione del mantenimento o degli alimenti.
Non sfugge alla medesima disciplina il caso in cui l’immobile sia concesso in comodato gratuito (generalmente dai genitori di uno dei due coniugi): anche in questa ipotesi l’immobile sarà destinato al coniuge affidatario, che potrà continuare ad usufruirne gratuitamente.La questione cambia radicalmente nel caso in cui, invece, non vi siano figli.
Se la casa è di proprietà esclusiva di uno dei due coniugi, essa sarà assegnata al proprietario; se è in locazione resterà al titolare del contratto e se in comodato gratuito resterà al comodatario. Più complesso è il caso in cui l’immobile sia in comunione tra i coniugi, per cui essi dovranno raggiungere un accordo per vendere il bene e dividere la liquidità così ricavata o acquistare l’uno la quota parte dell’altro.
In ciascuna di tali ipotesi è evidente che il coniuge estromesso dalla possibilità di vivere presso quella che era l’abitazione familiare subirà un notevole pregiudizio economico, dovendo acquistare o locare un altro immobile. Di tale pregiudizio si avrà conto nella determinazione degli importi da ricevere e corrispondere in caso di corresponsione di alimenti o mantenimento.
Anche in questo caso, l’interesse superiore che la legge si premura di tutelare è quello del benessere dei figli, se presenti. La casa viene quindi generalmente assegnata al coniuge presso cui i figli vivranno stabilmente, siano essi minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, indipendentemente da chi dei due coniugi sia l’effettivo proprietario dell’immobile.
Nel caso in cui l’immobile sia stato acquistato con mutuo, le relative rate continueranno a gravare sul proprietario, anche nel caso in cui la casa sia destinata ad abitazione dell’altro coniuge, non proprietario, ma assegnatario dei figli.
Per quanto attiene alle spese di manutenzione si segue la medesima distinzione vigente in materia di locazione, per cui le spese di ordinaria amministrazione gravano su chi vive presso l’appartamento, mentre le spese di straordinaria amministrazione gravano sul coniuge proprietario. Lo stesso criterio si applica per ripartire le spese condominiali, attinenti la gestione ordinaria e quella straordinaria.
Viceversa, se l’immobile è in locazione, il coniuge affidatario della prole e, quindi, assegnatario dell’immobile succederà direttamente nel contratto di locazione assumendo così in prima persona l’obbligo di pagamento dei canoni. Delle spese di locazione si terrà in ogni caso conto nella determinazione del mantenimento o degli alimenti.
Non sfugge alla medesima disciplina il caso in cui l’immobile sia concesso in comodato gratuito (generalmente dai genitori di uno dei due coniugi): anche in questa ipotesi l’immobile sarà destinato al coniuge affidatario, che potrà continuare ad usufruirne gratuitamente.La questione cambia radicalmente nel caso in cui, invece, non vi siano figli.
Se la casa è di proprietà esclusiva di uno dei due coniugi, essa sarà assegnata al proprietario; se è in locazione resterà al titolare del contratto e se in comodato gratuito resterà al comodatario. Più complesso è il caso in cui l’immobile sia in comunione tra i coniugi, per cui essi dovranno raggiungere un accordo per vendere il bene e dividere la liquidità così ricavata o acquistare l’uno la quota parte dell’altro.
In ciascuna di tali ipotesi è evidente che il coniuge estromesso dalla possibilità di vivere presso quella che era l’abitazione familiare subirà un notevole pregiudizio economico, dovendo acquistare o locare un altro immobile. Di tale pregiudizio si avrà conto nella determinazione degli importi da ricevere e corrispondere in caso di corresponsione di alimenti o mantenimento.